Sono entrato in un pezzo di città abbandonato. Non chiedetemi dove, semplicemente ci siamo andati.
E’ un pezzo di città dimenticato come se ne trovano in quasi tutte le città, un buco di periferia come tanti, di quelli che ci si passa davanti senza accorgersene, perché non si pensa che qualcuno ci possa abitare davvero; ci si arriva da una specie di cunicolo fra i campi e i fabbriconi abbandonati, enormi colossi di cemento spezzato, cinquant’anni di utilizzo e poi la fuga industriale che nel terreno ha lasciato amianto, mer*a e chissà cos’altro. Roba che io non ci coltiverei neanche un pomodoro per scherzo, e c’è gente che ci si corica la sera.

Quando sentite di qualcuno morto per il monossido di carbonio, per le stufette difettose, spesso è un posto come questo. Non si muore di monossido in una villa vista mare, cioè può succedere, ma di solito si muore sempre in un posto come quello dove sono stato stasera, per

Sheep Italia

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Ho visto le loro stufe, entrando in questi rifugi di dieci metri quadrati, senza bagno e senza luce, forse due o tre generatori per tutti, ma poi la benzina costa, insomma si finisce per stare al buio e al freddo, salvo bruciare quel che si trova in giro nelle suddette stufette, sperando che il tubo infilato in un buco di un pannello tenuto su con una ciabatta e una vecchia bottiglia di plastica a fare da contrappeso, continui a sputare fuori dalla finestra, che se si alza il vento e sputa dentro poi si legge sul giornale.

Per prendere le coperte si sono ammassati, ci scusino i Ministri, qualcuno ne ha prese due, qualcuno una, a tre o quattro famiglie non ne è toccata nessuna. Dovremo tornarci, lo farò.

M. qualche giorno fa ha compiuto quattro mesi, il padre e la madre ci hanno portato dentro il loro buco, il padre è giovane, la madre è giovanissima, il padre a un certo punto ha preso la Bibbia e ha voluto pregare per noi, che siamo andati a trovarlo. Cioè lui ha pregato per noi, per ringraziarci. Roba dell’altro mondo, e infatti quel pezzo di città abbandonato è davvero una cosa dell’altro mondo, anche se in fondo è proprio nel nostro mondo, potremmo anzi dire che è un prodotto dello scarto del mondo in vetrina.

Abbiamo consegnato 30 coperte, 18 paia di guanti e 20 cappellini di lana. Lo abbiamo potuto fare grazie a voi, volontarie e volontari SHEEP, perciò il primo grazie va a voi.

Un ringraziamento speciale alla comunità delle Piagge e don Alessandro Santoro, che oltre ad avermi sposato mi porta in posti come questo, a conoscere il mondo.

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“Coperte per senza dimora” è solo uno dei progetti che Sheep Italia porta avanti, grazie alle centinaia di persone che collaborano ai progetti in modo attivo, o semplicemente condividono i post e ne parlano con gli amici, oppure sostengono le attività con un contributo economico.
UN PO’ DI STORIA: SHEEP è nata un anno e mezzo fa, e per dare le prime gambe all’associazione versai io un contributo a fondo perduto di 5.000 euro, scommettendo che nell’arco di sei mesi l’associazione sarebbe diventata autonoma, almeno per sostenere i primi corsi gratuiti rivolti a persone con fragilità. Vincemmo quella scommessa, e da allora abbiamo triplicato i corsi e i progetti, e oggi SHEEP – grazie alle donazioni regolari e a quelle singole – è in grado di sostenere quattro corsi in quattro differenti realtà (salute mentale, donne rifugiate e anziani), e realizzare progetti specifici come le spese solidali e le coperte per senza dimora. Ora vorremmo inaugurare un quinto corso gratuito, rivolto alle persone con fragilità, nelle prossime settimane.
IMPORTANTE: Per farlo abbiamo lanciato la “raccolta di Natale” per raccogliere, entro metà gennaio, 25 nuove donazioni regolari da 9 euro al mese. Oggi siamo arrivati a quattordici nuove sottoscrizioni, manca pochissimo e ce la possiamo fare. Noi ci crediamo.
Trovate tutti i modi per donare qui: www.sheepitalia.it .

Saverio Tommasi
presidente di SHEEP Italia