FACCIAMO CHIAREZZA – Donne di San Gimignano.

Ieri ho scritto un post sulle donne di San Gimignano che realizzano coperte per il progetto Sheep Italia “Coperte per senza dimora”.
Era un post di ringraziamento e di gioia, con le foto di Rossana e il lavoro di tutte. Una roba da buttarsi per terra dal godimento, direbbe Benigni, a vedere tanta abnegazione per gli altri, tanto amore da cambiare il mondo.

Quel post – va detto: anche per “merito” di qualche meloniano che ha provato a riempirlo di fango – è arrivato oltre la bolla di lettori, se pure enorme, che di solito raggiunge un post di quel tipo sulla mia pagina.
E dunque – è assolutamente naturale – uscendo dai lettori soliti, sono emersi anche dubbi e suggerimenti rispetto al lavoro che Sheep Italia porta avanti. Attenzione: non sto parlando del fango dei soliti noti, ma di dubbi assolutamente legittimi che qualcuno si può porre. Uno in particolare è emerso in più commenti, e le mie risposte di ieri sono state sbrigative e parziali. Penso invece sia importante rispondere in modo ampio a ogni dubbio, in fondo siamo qui per questo: fare le cose e farle bene, farsi capire senza dare niente per scontato, e anche attraverso questo convincere le persone a donare a Sheep tempo e soldi, che è poi l’unico modo per poter continuare a fare le cose sempre meglio. A questo proposito visitateci qui: www.sheepitalia.it.

Arrivo al cuore della questione. La domanda ricorrente in alcuni dei nuovi lettori, ieri è stata:

“Le coperte che realizzate sono così belle che potreste venderle, e con i soldi acquistare sacchi a pelo e distribuire quelli, sarebbero più caldi, no?”

E’ una domanda che ovviamente ci siamo già fatti, e continuiamo a farci, perché solo i cretini non hanno mai dubbi, ma la risposta è semplice: no. Non potremmo farlo e se lo facessimo sarebbe un errore.

Voglio spiegarvi bene i vari perché (i punti più importanti sono gli ultimi due, ma leggeteli tutti).
A) Questo primo punto più che un motivo è una premessa: esistono in Italia alcuni progetti di finanziamento di associazioni che prevedono la vendita di coperte di lana realizzate a mano, o di altri piccoli manufatti. Per quanto ne so sono ottimi progetti, niente da dire, ma non sono il nostro. E in nessun caso, infatti, loro operano con le persone senza dimora.
B) Veniamo alla prima parte del cuore della questione: la capacità di coinvolgimento e attivazione delle volontarie e dei volontari. Questo è un punto tecnico, che parte dai numeri ma ha valore nelle persone.
Il primo anno abbiamo realizzato e distribuito in varie parti d’Italia 587 coperte. Il secondo anno – cioè l’ultimo inverno – siamo addirittura riusciti ad arrivare a 1.016 coperte realizzate e distribuite tramite 26 diverse occasioni. Coperte nuove e coloratissime.
Non sarebbe stato possibile un risultato del genere se le persone non fossero state CERTE che quello che realizzavano poi effettivamente sarebbe arrivato direttamente alle persone senza dimora.
In altre parole: non avremmo avuto oltre 10.000 volontarie e volontari in tutta Italia, ogni anno, se l’obiettivo delle coperte fosse stata la vendita. Funziona così, ed è anche abbastanza comprensibile: sapere che quell’intreccio di lana che la persona sta realizzando andrà DIRETTAMENTE ad altre persone per ripararsi dal freddo – proprio quell’intreccio su cui sta lavorando in quel momento! – porta le volontarie e i volontari a lavorare di più e con maggiore passione.
C) Altro cuore pulsante della motivazione per cui non vendiamo le coperte per comprare sacchi a pelo, è che alcune persone senza dimora i sacchi a pelo li hanno già, soltanto che non sono sufficienti. Perché la maggioranza dei sacchi a pelo, tutti quelli a un costo abbordabile, sono pensati per il campeggio al mare d’agosto, in tenda. E lì nessuno è in campeggio e non è neanche estate.
Proprio per questo noi realizziamo coperte di due misure, e quella più piccola di 60X120 centimetri è pensata (e dunque perfetta) proprio per essere infilata dentro il sacco a pelo (oppure per coprirsi testa e orecchie, usandola al tempo stesso come un cuscino).
D) Alcune persone senza dimora, quando hanno un sacco a pelo, mirano soltanto a rivenderlo. Non c’è nessun giudizio in questa affermazione, è soltanto un dato di fatto, e chi si permettesse di giudicare sarebbe uno stolto. Però di questo dobbiamo comunque tenere conto: i sacchi a pelo vengono rivenduti (non da tutti però da molti) perché sono gli unici che hanno un sottobosco di mercato; e anche molti di coloro che hanno freddo li rivendono, quando per caso riescono ad averne uno. Le coperte invece non si rivendono. Sono belle ma nessuno rivende le coperte.
Sia chiaro: questo non significa che sia sbagliato regalare un sacco a pelo, significa sapere anche che cosa può accadere: i più disperati fra i senza dimora sono quelli che – più facilmente – rivendono i sacchi a pelo, e per comprarsi cosa potete immaginarlo.
E) Altro cuore pulsante della motivazione per cui non vendiamo le nostre coperte per comprarne altre – magari più brutte però in numero maggiore, dato che le nostre coperte potrebbero essere vendute a un prezzo abbastanza alto, questo lo pensiamo anche noi – è che quello che manca maggiormente a una persona senza dimora non è mai “soltanto una coperta”, se pure calda, utile e importante. Quello che manca a chi dorme per strada è soprattutto la considerazione, la speranza, la capacità di essere valorizzati, qualcuno che creda in loro, che voglia loro bene e che glielo dimostri. La nostra coperta non basta per tutto questo, ma certamente è un gancio per la continuazione di una relazione già esistente. E questo ha molto a che vedere anche con il prossimo punto.
F) Abbiamo un’idea di fondo che costella tutto il nostro agire: noi vogliamo ribaltare il paradigma.
Vogliamo dare alle persone senza dimora qualcosa di bello e di PREZIOSO, qualcosa che non è scarto e che noi stessi utilizziamo oppure utilizzeremmo volentieri.
Ci siamo fracassati la pazienza di vedere considerare i poveri come disperati a cui – non avendo niente – può andare bene tutto. Vogliamo incendiare la frase “meglio che niente”. E no, se loro devono diventare i ricettacoli di ciò che non entra più nelle nostre cantine, allora (per assurdo) meglio niente. Anche perché qualcosa hanno già tutti, o quasi. Noi dobbiamo MIGLIORARE quelle esistenze, dobbiamo tirarle fuori dal pantano sociale, riconoscerle uguali a noi, e anche questo è un modo per farlo: donare a loro cose BELLE da fare invidia a noi.
Perché noi non restituiamo la dignità a nessuno, mettiamocelo bene in testa, noi possiamo soltanto smettere di calpestarla. Loro la dignità ce l’hanno già, eccome se ce l’hanno. Anche se qualcuno si piscia addosso oppure non si regge in piedi per l’alcool. Oppure puzza perché non vede una doccia da un anno. Per questo le coperte: perché nessun sacco a pelo (ripeto: che comunque in diversi hanno, però manca loro la coperta da poterci infilare dentro) può essere utile come una coperta di lana calda e coloratissima, che loro scelgono e di cui ascoltano la storia.
La coperta è qualcosa di fatto materialmente per loro, anzi per alcuni si tratta della prima cosa fatta per loro – davvero per loro! – da anni. In alcuni casi da quando erano bambini. In altri casi ancora, da sempre.
G) Il prossimo anno, per la prima volta nella storia di Sheep, e crediamo anche nella storia italiana con una continuità di questo genere, stiamo acquistando 50 (ma alla fine saranno 70), sleep pod da un’associazione inglese. Sono involucri/casette in grado di resistere a temperature molto sotto lo zero. Non infiammabili.
Andranno montati, spiegati, non andranno bene per tutti, sarà un tentativo. Costano cari, molto cari: perché sono perfetti, soprattutto con una delle nostre coperte dentro.
Questo per dire che continuiamo sempre a pensare e nei limiti (talvolta oltre) delle nostre disponibilità, proviamo ad agire moltiplicando l’impegno.

Io non so se vi abbiamo convinto ma almeno ci siamo confrontati, e sono felice di aver avuto ancora una volta la possibilità di provarci. Perché Sheep Italia non esisterebbe senza la passione smodata, i sogni infiniti e il sostegno concreto di migliaia di persone in tutta Italia.

Dove trovarci lo sapete, e come contribuire ve l’ho già detto.
Vi vogliamo bene.

Saverio Tommasi
presidente di Sheep Italia